L’urgenza della questione femminile


È mia convinzione profonda che questo sinodo sia già e sarà un motore per la necessaria riforma della Chiesa in quanto l’immagine della Chiesa disegnata dai giovani, in particolare nel documento finale pre-sinodale («una Chiesa relazionale è una Chiesa attraente») richiama quella espressa da Papa Francesco per “d e c l e r i c i z z a re ” la Chiesa.
La posta in gioco di questo sinodo è dunque di contribuire a delineare una nuova immagine di Chiesa oggi, nello spirito del concilio Vaticano II:
* Una Chiesa in uscita dove tutti sono discepoli missionari, ossia una Chiesa più sinodale e collegiale, più vicina, più accogliente, più autentica, più misericordiosa; una Chiesa più inclusiva, più all’ascolto, più in dialogo.
* Una Chiesa autentica radicata in Cristo, che pone al centro il Vangelo, ma riconosce la propria vulnerabilità e la propria umanità fallibile.  
* Una Chiesa dove tutti camminano insieme e hanno il coraggio di condividere con gli altri, con semplicità e umiltà, il tesoro della fede: «Da ultimo, molti di noi desiderano fortemente conoscere Gesù, ma spesso questi stessi fanno fatica  a comprendere che lui solo è la fonte per una vera scoperta di sé. I giovani vogliono testimoni autentici: uomini e donne in grado di esprimere con passione la loro fede e la loro relazione con Gesù, incoraggiando nello stesso tempo altri ad avvicinarsi, incontrare e innamorarsi a loro volta di Gesù» (Documento finale pre-sinodale dei giovani,n. 5).  
Questo sinodo deve inoltre permettere a ognuno di approfondire la propria vocazione e a tutta la Chiesa di approfondire la sua vocazione.
 In effetti, la mia esperienza nella pastorale delle vocazioni mi ha insegnato che non si può parlare di discernimento vocazionale come fatto esteriore. Vivere e pensare la missione come servizio al discernimento vocazionale dei più giovani — i responsabili e gli animatori della pastorale delle vocazioni lo sanno bene — fa lavorare sulla propria identità, sulla propria vocazione. Servire le vocazioni trasforma e invita ad approfondire e discernere sempre più la propria vocazione. Perché la vocazione non è mai statica, è un’identità dinamica sempre in costruzione, in un processo permanente di discernimento. 
L’Instrumentum laboris ce lo dice chiaramente al n. 111: il discernimento è «uno stile di vita», un modo di vivere la vita cristiana in un movimento dinamico. La vocazione è un profondo cammino pasquale che non si compie senza dolore, senza lottare, senza morire a se stessi. Ma è un cammino di vita e di libertà. 
Questo sinodo sul discernimento vocazionale invita indubbiamente la Chiesa a diventare più libera, più audace, più evangelica e più missionaria, e ad avere il coraggio d’inventare nuove forme di presenza e di prossimità (cfr. Instrumentum laboris, n. 138). Fa anche e soprattutto porre la domanda sulle donne e sul loro posto nella Chiesa, visto che la fase di consultazione ha mostrato quanto la questione del discernimento vocazionale risulti più complessa per le giovani. «La Chiesa può rivestire un ruolo di vitale importanza per garantire che questi giovani non siano esclusi, ma si sentano accettati. Questo accade, per esempio, quando cerchiamo di promuovere la dignità delle donne, sia nella Chiesa che nel più ampio contesto sociale.  Oggi un problema diffuso nella società è che alle donne non vengono ancora riconosciute pari opportunità. Ciò vale anche nella Chiesa. Ci sono grandi esempi di donne che hanno svolto il loro servizio in comunità religiose di consacrate e altre, laiche, che hanno rivestito ruoli di responsabilità. Tuttavia, per alcune giovani donne questi esempi non sono sempre visibili. Una domanda chiave emerge da queste riflessioni: quali sono i luoghi dove le donne possono realizzarsi all’interno della Chiesa e della società? La Chiesa può affrontare questi problemi con un franco dibattito e una mente aperta a idee ed esperienze diverse» (Documento finale pre-sinodale dei giovani, n.5).
In effetti quella femminile è una delle questioni distintive della nostra epoca. È un segno dei tempi, poiché nel XX secolo si è assistito a un’evoluzione straordinaria della condizione femminile, anche se in molti luoghi c’è ancora un lungo cammino da percorrere perché si traduca in pratica la pari dignità tra uomini e donne, in forme concrete di rapporti più paritari e ugualitari. In effetti, per me la questione del posto delle donne è proprio quella dei rapporti e della collaborazione tra uomini e donne nella società e nella Chiesa.
Di fatto si assiste a una nuova percezione uomo/donna nella società e ciò pone dunque la questione di una nuova percezione anche nella Chiesa. Da qui la principale posta in gioco attuale del dialogo, della partnership, della collaborazione tra uomini e donne a tutti i livelli nella Chiesa. Quest’ultima non è soprattutto interna, ma è una posta in gioco per la missione.
Nel nostro mondo contemporaneo più paritario, dove, per la maggior parte, i giovani crescono in una mescolanza naturale, risulta loro sempre più difficile accettare una Chiesa che non dà alle donne il loro posto e che non rende più visibili e leggibili i loro ruoli e le loro responsabilità effettive. Ciò è stato chiaramente espresso nel documento finale pre-sinodale (cfr. n.6). Per me ciò implica soprattutto la questione del lavoro di gruppo e della posta in gioco fondamentale della collaborazione nella missione al servizio dei giovani. In effetti qui la sfida consiste nel mettere in atto una vera corresponsabilità per formare e favorire gruppi di animazione misti, coinvolgendo in primo luogo i giovani stessi (posta in gioco fondamentale per la loro responsabilizzazione), ma anche le persone che esprimono la diversità delle vocazioni, nonché un modo di lavorare in gruppo misto in una vera collaborazione tra uomini e donne. Di fatto credo sia fondamentale il lavoro di gruppo in ogni ambito della pastorale, tanto più che i giovani amano lavorare in gruppo e che incrociare gli sguardi, proporre loro volti di riferimento plurali arricchisce.
La questione chiave per la missione tra i giovani diviene dunque quella della chiamata, della formazione e del sostegno di adulti educatori, cappellani, formatori, accompagnatori che occupano il loro posto di adulti per ascoltare e guidare i giovani in uno stile relazionale che si fonda su un modo di fare collegiale.

Sr Nathalie BECQUART, Xavière

[Originale http://www.osservatoreromano.va/vaticanresources/pdf/QUO_2018_227_0610.pdf]

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